giovedì 4 dicembre 2014

Diario d'incontri. 01 Agosto 2014. Grasse


Grasse è una di quelle città che ti aspetti diversa, perché dopo che ci ambientano un film e lo hai visto pensi sia tutto come nella pellicola, ogni angolo, ogni finestra, ogni porta...Invece no chissà dove l'hanno girato "Profumo storia di un Assasino".
Non che non sia bella, ma non ha soddisfatto le mie aspettative...maledetto film! Grasse è una piccola chioccia di cittadella tutta arroccata su una collina, la cui vista da su altre colline più piccole, che, come ci ha saggiamente spiegato la signora di Cosenza con cui abbiamo fatto amicizia, prima erano piene zeppe di gelsomino, tanto che l'odore penetrante del fiore bianco ti entrava nel cervello, e ora niente l'uomo ha lasciato qualche rimasuglio.
Grasse è famosa per le sue antiche fabbriche di saponi e profumi come Fragonard.
Ma Grasse anche senza le piante sa di Gelsomino, perché in estate vaporizzano le vie con acqua e profumo e si sa che quest'ultimo conferisce sempre una nota sensuale, anche su una città, nonostante sia ormai decaduta e desueta.
Grasse è abbandonata a se stessa, è sola con il suo profumo.
Ma se chiudi gli occhi puoi sempre tener conto del film e cercare di ricostruire gli angoli e le viette, così come li hai visti nello schermo.

Ma quando riapri gli occhi non ci sono carriole piene di fiori freschi destinati all'enflorage per la produzione del profumo, non ci sono gelsomini, non ci sono artigiani ma solo una fredda catena di montaggio, non ci sono i maestri artigiani del profumo che custodiscono gelosamente i segreti della propria arte.
Poi entri da Fragonard, e lì ci sono tutti quegli alambicchi che ti aspetti, mille ampolle di vetro e quadrati di legno con grasso spalmato sopra e fiori puntellati minuziosamente sopra, ma tutto dietro teche di vetro, sei in un museo che ti aspettavi?
Grasse è dentro una teca di vetro, o peggio dentro una di quelle palle con la neve finta che volteggia se la agiti.


Grasse non usa più un'essenza preziosa ma si imbelletta con una scadente acqua profumata.
Il festival du Jasmine c'è, ma senza gelsomini sono stati estirpati dalla speculazione edilizia.
Oltre la città abbiamo incontrato una signora. Ho bussato alla sua porta perché dovevo andare in bagno e parlandole un francese un po' inventato sono riuscita a convincerla a farmi usare la sua personale toilette. Poi iniziamo a chiacchierare, sempre in francese, per dieci minuti fino a quando mi chiede da dove vengo, perché effettivamente ho un accento strano. "Sono Italiana". Allora lei attacca a parlare calabrese come se non ci fosse un domani. Poi dormiamo nella macchina di fronte casa sua e al mattino dopo ci invita in cucina per prendere il caffè, quello vero, quello nostro. E niente quella mattina sorseggiavamo caffè in una cucina di Grasse con una signora di Cosenza che alle 08.00 del mattino era intenta a preparare i friggitelli. Non c'è niente da fare lei anche se da 30 anni vive a Grasse la mattina prepara i friggitelli e il dialetto lo tiene stretto come Linus con la sua coperta.







mercoledì 3 dicembre 2014

Diari d'Incontri. 30 Agosto 2014. Nizza


Avete presente quando sulle montagne russe piano piano si sale e poi tutto d'un tratto si scende giù all'impazzata? La sensazione del viaggiatore che da Menton arriva a Nizza è la medesima della discesa delle montagne russe ( che tra le tante cose  che ho in mente mi sono chiesta ma perché si chiamano così? perché banalmente le hanno inventate in Russia o perché c'è un mistero onomastico dietro? Invece niente misteri dietro questo nome, la questione è tanto ordinaria quanto straordinaria: ordinaria perché effettivamente furono inventate in Russia, straordinaria perché furono volute dall'Imperatrice Caterina II, ovviamente con una versione tutta settecentesca, fatta di scivoli di ghiaccio a cui si poteva andare sino alla velocità di 70 km/h. chiudo l'inciso sulle montagne russe va).
Insomma niente, con questo inciso doveroso per la mia insana mente, mi sono giocata l'effetto sorpresa, che dalle spalle della città, salendo su una collina, ad un tratto ti trovi davanti un golfo gigante e una strada tutte curve che ti trasporta all'interno di esso: Nizza.

sono innamorata di Nice e del suo nome francese, perché mai dovremmo tradurre i nomi delle città? è tanto bello Nice, le dona proprio, meglio che Nizza, che la veste male, è come se una donna indossasse un abito della taglia sbagliata.
Nice è come una di quelle lampade per bambini che girano e proiettano immagini di animali colorati sui muri.
Nice è la figlia perfetta di due genitori di diverse etnie, ha preso solo le cose positive sia dall'uno che dall'altro.
C'è questa grande promenade che divide la spiaggia di ciottoli bianchi e il mare blu dalla città vecchia, la promenade des anglais, tutta puntellata di palme, e scorre per tutto il golfo come una collana intorno al collo sottile di una signorina.


Se dovessi chiudere gli occhi e pensare a Nice, sento l'odore del mare e quel senso di fastidio che ti da la polverina bianca dei ciottoli della spiaggia dopo che li hai toccati, e anche se è seccante continui a passarci le mani sopra perché in fondo in fondo non è poi così spiacevole. Poi ci sono i balconcini in ferro battuto, un grande classico francese ma che non stanca mai, poi le tende a strisce bianche e verdi o bianche e gialle. Piatti giganti di cozze che svolazzano nelle piazzetta della Nice antica. Poi il mercato con le saponette, i fiori e le spezie. Nice è piena di colori ed odori proprio come prometteva in precedenza la costa azzurra, non si è smentita.


Poi c'è quell'altra piazza, gigante, dove passa il tram, un connubio equilibrato fra modernità e antichità, con la fontana in marmo bianco e le istallazioni alte di uomini pensanti che di notte s'illuminano e cambiano colore ogni secondo. Poi c'è il tram che passa sull'erba e se ne va. E sulla destra una distesa, quadrata e nera, è una fontana che fa giochi d'acqua di luce e di vapore intrattiene tutti i bimbi più scatenati che escono di casa direttamente  col costume per scivolare sulla superficie liscia del pavimento riflettente. Una fontana particolare, ci puoi passeggiare sopra, stando attento ai getti d'acqua improvvisi che si alzano in aria come muri labirintici.
Nice che se lo leggi in francese è il nome di una città, ma se lo leggi in inglese capisci di che tipo di città stiamo parlando, un gioco linguistico per dire quanto è bella questa città.




giovedì 27 novembre 2014

Diario d'Incontri. 30 Agosto 2014 Menton


Eccoci al famoso confine, che dopo tutte quelle lezioni di geografia da piccola mi immaginavo che il confine fosse una linea disegnata per terra, mica una cosa immaginaria, no no proprio una linea di vernice rossa incandescente. Ed io che ancora non sono cresciuta, non sapevo bene cosa mi dovesse aspettare al confine. Sono espatriata tante volte, ma sempre prendendo un aereo, che ti priva totalmente di pensare al confine e di provare quella sensazione del troverò o non troverò questa famosa linea?
Invece niente, velocemente, un momento prima stavamo a Latte, in Italia, il momento dopo eravamo già in Francia a Menton. ( ci tengo a sottolineare quanto sia assurdo che le due città di confine si chiamino Latte e Menton, che non fanno altro che  rievocare quella bevanda dall'accoppiata strana).
Quanto è potente questo confine, che anche se non esiste impone immense diversità.

Anche se la brezza francese l'aveva già respirata a San Remo, a Menton la francesità si fa più intensa nell'aria e soprattutto nella gente.
Menton è una piccola meraviglia, quando ci cammini attraverso ti pare di essere rimpicciolito, come alice dopo che ha bevuto dalla bottiglietta, e di essere finito in uno di quei componimenti perfetti che si usano per costruire il Presepe, fatto di casette e viette piene di vita e, immagini, piene di profumi. Uno di quelli che quando lo vedi in vendita, dietro la teca di vetro, ti ci fermi almeno cinque minuti a guardarlo, per  i dettagli ma soprattutto per l'atmosfera calda che trasmette.
Poi la spiaggia, che ti permette, mentre fai il bagno di  piroettare su te stessa e scegliere a chi donare lo sguardo, prima le spalle al porto, poi al mare e poi al campanile che svetta dalla palazzine colorate e arroccate.
Per ora la costa azzurra promette profumo e colori.
Camminiamo per il centro e troviamo vetrine imbandite di dolciumi, marmellate, salse cioccolatose, spezie, saponette a tutti i gusti possibili quasi da mangiarsele, sacchetti di lavanda e persino una montagna di meringhe.


Ma anche oggi è giunto il momento di lasciare alle spalle il mio incontro per essere pronta per conoscere qualche altra città. Sarà meglio mangiare il biscotto che prima Alice mi ha prestato così che possa crescere e rimettermi in viaggio.


lunedì 24 novembre 2014

Diari d'incontri. 30 Agosto 2014 San Remo


Accaldati arriviamo a San Remo, un pomeriggio volante nell'ultima città italiana prima di lasciarci alle spalle il nostro confine. Tra le strade di San Remo tira una brezza francese. Sulla carta d'identità sotto la dicitura "cittadinanza" troveremo italiana ma la realtà è un'altra, San Remo è una città francese a tutti gli effetti, persino per le strisce dei parcheggi. Curata in ogni minimo dettaglio, forse perché è una meta ricercata dai più facoltosi, forse perché ospita il nostro famoso festival, chissà, ma i fiori ci stanno e di tutti i colori. La passeggiata del belvedere pare un enorme terrazzo lussuoso, pavimenti colorati e geometrici, le palme alle spalle dei passeggiatori, panchine, coni ricchi di fiori e una balaustrina bianca con colonnine ondulate.    

Torna il mio feticismo per i palazzi; i palazzi di San Remo sono tutti molto sontuosi e dagli stucchi ben rifiniti. Le strade di ampio respiro e le decorazioni floreali non fanno che trasportarti con il pensiero in una qualche città della costa azzurra.
Belle le strade, belli i fiori, carina persino la statua di Mike con un libro con su scritto Allegria! ( no non è vero che è carina è forse da annoverare tra le più brutte esistenti al mondo).
Ma....il mare? vogliamo parlare degli stabilimenti che si sono mangiati la spiaggia? e che la spiaggia libera ( per chi come me ne è un amante) è inesistente e quel poco che c'è è ridotto ad un osso di cemento? San Remo ha cura solo dei turisti che usano la piscina del proprio resort. Insomma il mio unico incontro è stata la lotta per il pezzetto di cemento più comodo con una famiglia di peruviani e con un bagnino di uno stabilimento che più che bagnino era un cane da guardia.

Quindi il mio pomeriggio a San Remo lo voglio ricordare solo ed esclusivamente per il belvedere poetico, con la venere che passeggia  a mezz'aria sul mare.

venerdì 21 novembre 2014

mercoledì 19 novembre 2014

Diario d'Incontri 29 Agosto 2014 Genova


Era brutto tempo e ci siamo giocati "la carta" acquario di Genova.

Quando arrivi a Genova, in macchina, la prima volta nella tua vita vedi solo cemento, lavori in corso e caos. Una persona nata e cresciuta a Roma ( dove ha anche imparato a guidare) non dovrebbe avere problemi a sostenere altre città dal traffico facile. Invece Genova un po' di "dove cazzo vado adesso??!!" è riuscita a darmelo, quel momento in cui  non sai minimamente cosa fare mentre dietro hai creato una fila rigorosamente incavolata che ti suona. Scatta il panico da asfalto che ti rintontisce peggio e il non sapere dove stai andando diventa un urlo continuo, ed è proprio in questo momento che di solito appare, quasi magicamente, un divieto...si esatto, tu, su quella strada proprio non ci dovevi andare, ecco questo è il momento in cui le bestemmie si accalcano sulle labbra. Finché sei talmente rintontito e preso dal panico che alla fine fai un bel respiro profondo e ti dici che va tutto bene e che una multa non è poi la fine del mondo e inizi ad andare ovunque, ormai hai superato la fase da panico da asfalto, hai raggiunto la fase zen puoi persino imboccare la strada pedonale ( in effetti l'abbiamo fatto).

Dopo il panico iniziale e dopo aver parcheggiato la macchina in uno dei tanti e soli parcheggi costosissimi ( andateci in treno) puoi finalmente dimenticare i divieti, i cartelli, i lavori in corso e il traffico; con i piedi è tutto più semplice, non c'è via che tu non possa prendere.
La Repubblica Marinara mantiene i fragranti aromi e la movida della città portuale, ricca di diversità e caotica.

Non so perché ma ho una specie di feticismo per palazzi, osservarli e fotografarli mi piace proprio, e qui ogni palazzo è unico e racconta una sua storia, facendo di Genova un coro visuale di diverse influenze architettoniche. Genova è diversa, il grigio predomina nel porto, ma a sprazzi s'inseriscono nello sguardo delle palazzine tutte stuccate e color pastello. Anche l'aria è grigia e pesante, ma viene spezzata dai profumi delle cucine etniche dei negozietti nascosti nelle vie di travertino. Genova è una bilancia indecisa, una di quelle antiche con due piatti, su di uno c'è una pietra grigia e pesante, sull'altro c'è un pigmento rosa antico e una manciata di curry: i due piatti fanno su e giù non riuscendo a trovare mai un equilibrio.


Anche stavolta, quando si ha tempo di dedicare un sorriso e una chiacchiera si è sempre ricompensati dalle persone che diventano gentili per l'attenzione data. Come l'orologiaio, con il suo banchetto sotto il nostro hotel che ci ha raccontato di una Genova diversa, una Genova più giovane,  una città-bilancia non impazzita ma sana ed equilibrata.


Mi addormento pensando a tutti quei pesci colorati, agli anemoni, alle foche e ai pinguini. Ma anche pensando alle gru, ai gabbiani e alle corde nautiche inzuppate del porto.






Anche oggi un'altra giornata è trascorsa, chissà domani dove arriverò....



martedì 18 novembre 2014

Diario d'Incontri. Vernazza 28 Agosto 2014



Vernazza, la quarta delle cinque terre e
probabilmente anche la più bella. Un piccolo borgo racchiuso tra rocce grigionere che si tuffano nel mare, poche vie ma tutte colorate dalle bandiere e dai panni stesi su fili tirati da finestra a finestra.


Quando ci siamo presentate la prima volta, ero piccola, eppure i ricordi di quando avevo sette anni erano nitidi e coincidevano con ciò che mi ritrovavo a vedere. Pochi passi ed eccola là la sensazione strana che nasce dopo aver fatto coincidere perfettamente i tuoi ricordi di bambino con la realtà, come due tessere di un puzzle da tanti anni abbandonato.
Quando sei adulto e hai la consapevolezza che i ricordi di quando eri bambino non sempre combaciano con la realtà, e hai il coraggio di tornare in quei luoghi che ti hanno stupefatto, sai anche che puoi vivere una delusione, che puoi rovinare un bel ricordo.
Ma Vernazza è rimasta la stessa, sia nei ricordi della me di sette anni sia nei nuovi ricordi della me ventiduenne.
Vernazza è sempre lei e spero lo sia sempre.

Piccole palazzine ricoperte di un intonaco ormai invecchiato, chiazzate, scrostate eppure molto belle. La chiesetta che trionfa sul porticciolo e la piazzetta ricolma di ombrelloni. La gente è ovunque, nei vicoli si fa la fila per passare. Turisti giapponesi che godono la visuale di questa cittadella nascosta tra le colline, attraverso il display della macchinetta fotografica. Turiste nord europee troppo bianche per stare in costume.

Altri turisti e ancora turisti che mangiano e si accalcano bramosi di un tavolo con vista sul porticciolo, come dargli torto. Poi tra i vicoli, in un punto particolare, c'è solo roccia e un'apertura, un passaggio che porta sulla spiaggia lontana dalla folla. Una distesa di ciottoli incandescenti e levigati dal mare e dal vento. Vernazza è proprio speciale. Pare costruita su enormi scaglioni di cioccolata fondente.

Quando cammini tra i vicoli l'atmosfera pare sospesa, come se da un momento all'altro, girando l'angolo del tuo vicolo potessi trovare qualcosa, una porta nascosta, un luogo segreto o una scalinata infinita che porta sul belvedere.